Colloquio di lavoro, gli errori inconsapevoli che chi fa selezione può commettere

Può capitare, durante un colloquio, che il selezionatore commetta alcuni errori che vengono definiti inconsapevoli. Ci sentiamo vicini alla persona che ha frequentato il nostro stesso master o la nostra stessa università. Entriamo in sintonia, quasi subito, con chi pratica il nostro stesso sport o tifa per la nostra stessa squadra. 

Perché? La risposta è semplice, quasi banale: tendiamo ad avvicinarci a ciò che ci rassomiglia e in ciò che ci riconosciamo. Lo sport – il calcio in modo ancora più marcato – è un elemento di fortissima aggregazione e di discussione comune. Ma anche condividere la passione per un genere letterario o per un certo attore è un elemento importante di vicinanza.
E’ scontato – ma è bene ripeterlo – che durante un colloquio di lavoro vengono valutate, in primis, le competenze tecniche. Nessun candidato è mai stato scartato, ovviamente, per la fede calcistica o perché appassionato dei film di Fantozzi o ancora per aver indossato una giacca ritenuta brutta. Ma non posso negare, dopo oltre 20 anni di selezione, che il contorno possa influenzare.
E allora, come risolvere questo problema? Vi riporto un consiglio preziosissimo che mi è stato dato da una selezionatrice molto competente e che, a mia volta, ho passato ai ragazzi che lavorano con me in EasyHunters: annotare tutte le sensazioni, positive e negative, avute durante il colloquio. E solo dopo, valutare che impatto queste annotazioni hanno avuto in modo da eliminare totalmente gli errori inconsapevoli che in nessun modo e in nessun caso devono influenzare il processo di selezione.
In EasyHunters puntiamo moltissimo sulla formazione dei consulenti, affinché gli errori inconsapevoli siano prossimi allo zero.

Sai rispondere alla domanda “come affronti le situazioni stressanti”?

Sostenere un colloquio non è affatto facile, è una situazione stressante e complicata. Ed è per questo che è fondamentale arrivare preparati, anche sulle domande apparentemente più innocue e di poco conto.

Qualsiasi colloquio di lavoro prevede una serie di domande standard, magari declinate in modi differenti, che però non devono essere assolutamente sottovalutate. Rappresentano, in altre parole, l’occasione per dare risposte diverse, che possano farci emergere e distinguere dagli altri candidati. Una delle classiche domande di questo tipo è legata alla capacità di gestione di situazioni stressanti: rispondere, ad esempio, che non ci facciamo mai sopraffare dallo stress può non essere la soluzione migliore.

Ecco tre risposte corrette – ma che potrebbero essere interpretate in maniera negativa – e tre consigli per rispondere al meglio alla domanda “Come affronti le situazioni stressanti?”.

Non mi abbatto e lavoro duramente. Una risposta di questo genere, se mal interpretata, potrebbe non dipingere il candidato come un lavoratore modello, anzi. Per prima cosa mette in luce un aspetto che in fase di valutazione può essere considerato negativo: la scarsa attitudine a lavorare in team e a condividere problemi o preoccupazioni con i propri colleghi e il proprio capo e che, ovviamente, può portare a commettere errori.

È molto meglio, invece, sottolineare quanto siamo in grado di rimanere motivati anche durante le situazioni stressanti e/o difficili, senza perdere di vista gli obiettivi ed, eventualmente, coinvolgere i colleghi o il proprio capo.

Non vado mai sotto pressione. Questa risposta può non significare, a differenza di quanto si possa pensare, che si ha il pieno controllo delle situazioni. Un selezionatore di fronte a questa risposta sente un campanello d’allarme: il candidato ha poca consapevolezza di sé e dei suoi limiti. E nessuno vorrebbe assumere una persona che non sia in grado di capire fino a che punto è in grado di arrivare o, peggio, che non riesca a rendersi conto di situazioni problematiche.

Molto più saggio rispondere che, prima di prendere qualsiasi decisione o iniziare qualunque attività, ci si assicuri di aver riacquistato la calma e la serenità mentale.

Tendo a delegare. Un buon manager deve saper delegare. Ma può capitare che il selezionatore pensi di non avere di fronte il candidato ideale. Nessuno vorrebbe lavorare per un manager che non è in grado di affrontare i problemi e non sa gestire il proprio carico di lavoro e che, ancora peggio, deleghi i compiti che spettano a lui ai propri sottoposti”.

Affermare, al contrario, che la capacità di gestire lo stress di un manager si rifletta – inevitabilmente – su tutto il team mette sotto una luce diversa il candidato. Anche comunicare apertamente che si sta vivendo una situazione stressante e/o chiedere un aiuto per risolvere il problema non viene considerata una risposta negativa.

 

Non mentite durante il colloquio, i selezionatori lo scoprono all’istante!

Durante un qualsiasi colloquio di lavoro, al candidato vengono posti diversi tipi di domande. Alcune di esse sono legate al curriculum, altre alle esperienze lavorative o accademiche, altre ancora alle aspettative di crescita professionale o economica, alla conoscenza delle lingue straniere e agli interessi personali.

È fondamentale essere il più trasparenti e sinceri possibile, anche perché per i selezionatori è abbastanza semplice scoprire, attraverso alcune domande di verifica, bugie o incongruenze.

E’ possibile che un candidato menta durante il colloquio, ma è una prassi assolutamente sconsigliata, soprattutto quando si affrontano le selezioni con gli intermediari. Quando ci si accorge che il candidato non è sincero, la valutazione peggiora drasticamente: se al candidato mancano alcune competenze, forse, è possibile chiudere un occhio, ma chi vorrebbe una persona disonesta nella sua azienda? Nessuno!

Ma quali sono le bugie più frequenti?

  1. Perché hai lasciato il precedente lavoro? È una delle domande più frequenti nei colloqui di selezione. Se è finito il contratto o si è stati licenziati, dire che si è scelto di lasciare la propria azienda non è la soluzione migliore. Dobbiamo ricordare che essere licenziati o non confermati/trasformati non ci rende necessariamente pessimi candidati. Un buon selezionatore, tra l’altro, sarà in grado di dare consigli su come comunicare questa informazione e dare comunque una buona immagine di sé e del proprio percorso professionale, indipendentemente da come è terminato il rapporto precedente.
  1. Ti interessa il ruolo di…? Può capitare che ad un candidato venga proposto un ruolo che, seppur in linea con le sue esperienze, non combaci perfettamente con le sue aspirazioni o con quanto vorrebbe fare. Ammettere che la posizione offerta non è quella dei propri sogni, spiegare il motivo e raccontare con chiarezza quali sono le proprie aspirazioni non è affatto una mancanza di rispetto, anzi. Meglio dirlo subito che in una fase avanzata.
  1. Quanto conosci il linguaggio o il programma…quanto conosci la lingua inglese? Mentire sulle proprie capacità ed esperienze non è mai saggio. Capita spesso che al candidato venga chiesto di fare una prova pratica e a quel punto si viene smascherati nel giro di 30 secondi. Meglio, quindi, non perdere tempo cercando di convincere il selezionatore che si sa usare in modo professionale un determinato software o si conosce perfettamente l’inglese. Così facendo, si prolungherà solo il periodo di ricerca del lavoro giusto: è inutile cercare di trasformare se stessi nel candidato ideale, molto più importante trovare il lavoro ideale per se stessi!
  1. Quanto guadagnavi e quali benefit avevi? Non c’è nulla di sbagliato nel voler cambiare lavoro anche per poter aumentare la propria retribuzione o per avere maggiori benefit. È invece sbagliato – e anche controproducente – mentire su stipendio o altri benefit perché, in molti casi, al candidato potrebbe essere chiesta una prova che le informazioni fornite siano veritiere: ad esempio, l’ultima busta paga, Il Cud dell’anno precedente o la lettera di assunzione e, anche in questi casi, la verità emergerà all’istante.