Ho deciso di rimettermi in gioco

Qualche mese fa ho fatto un colloquio con un cacciatore di teste, uno di quelli altisonanti e famosi. Dopo una lunga chiacchierata, mi ha detto con molta franchezza “Francesca, hai 45 anni, sei donna e provieni da un settore ancora poco capito (ndr quello delle Agenzie per il Lavoro). Le possibilità di trovare un’opportunità di lavoro sono bassissime. Ma mi raccomando, prenditi il tempo necessario per ragionare sul tuo futuro lavorativo”.

Si era appena concluso un rapporto di quasi 17 anni con la mia vecchia società e questo è stato uno dei primi riscontri. Poco entusiasmante, potrei dire, usando un eufemismo. E mi sono sentita come tanti amici e candidati che si sono trovati, negli anni, nella stessa situazione. E ora cosa faccio?

Ho seguito il consiglio del cacciatore di teste che avevo incontrato. Mi sono concessa del tempo. Avevo bisogno di svuotare il cervello da abitudini consolidate che ormai erano diventate la mia vita: la routine dell’arrivo in ufficio, le persone fantastiche con le quali ho lavorato, la battuta con il collega alla mano, il caffè delle prime ore, le riunioni programmate da mesi e ripetitive, l’aperitivo del venerdì. Una serie di quotidianità che negli anni ci costruiamo e che scandisce le nostre giornate. Bene, tutte queste abitudini non c’erano più e bisognava crearsene delle altre. E – aspetto ancora più importante – dovevo costruirmele, tassello per tassello, da sola.

Io sono stata sempre abituata ad avere rumore intorno, nell’ultimo anno stavo addirittura in open space con più di 70 persone. E da un giorno all’altro mi sono trovata a sentire solo il russare del mio labrador, sdraiato sotto la scrivania dello studio.

Non sono una casalinga, non lo sono mai stata e mi sono resa conto di non avere le abitudini delle mamme dei compagni di classe di mio figlio che fanno le casalinghe. Solo relazioni cordiali, ma superficiali con loro. Da questo lato, quindi, nessun aggancio.

Non sono una fashion victim. Tradotto in parole povere: faccio shopping ogni tanto, ma poi mi stufo. Va bene la prima, va bene la seconda, ma poi??

Non sono una che sta ferma a casa a non far nulla. Non riesco a stare a rimuginare, a leggere un libro, a cucinare. So che non sono esattamente “non fare nulla”, ma non appartengono alla mia quotidianità.

Quindi??? Alla lunga il tarlo, quell’essere strano che per anni mi ha spinto a lavorare come una forsennata, si ripresenta simpaticamente. E sempre con lo stesso interrogativo. “Mica vorrai star ferma lì senza fare nulla, vero? Ma nulla, proprio nulla? Lavorativamente parlando, si intende…

Nel frattempo, hanno iniziato ad arrivare alcune offerte di lavoro, alcune – devo ammetterlo – anche molto interessanti. Ma non coincidevano con quello che avrei voluto fare nel mio futuro e soprattutto non mi avrebbero permesso di essere la mia nuova versione. Quella che ha capito che a 45 anni è arrivato il momento di scegliere bene con chi passare la maggior parte delle ore o con quale capo avere a che fare. Senza avere sensi di colpa.