Gli aspetti «soft» di un trasferimento all’estero: primo problema, la famiglia

Mi trova un lavoro negli USA ?

sa mi piacerebbe tanto andare a vivere fuori dall’Italia . Quante volte lo avete pensato ?

io da recruiter l’ho sentito dire molte volte, ma lo spostamento non è cosi facile soprattutto per la famiglia. Anche per le aziende a volte spostare un dipendente sembra sempre una grande opportunità, ma a volte non si considera l’impatto che si causa sulla famiglia. Che resta comunque una enorme area di confort . Parlo della mia esperienza che sto facendo oggi in USA sul Il Sole 24 Ore :

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Quanto conta la presenza online per trovare lavoro? Tre consigli per una corretta gestione

Avere una buona presenza online oggi è determinante anche nel lavoro. Sempre più spesso, infatti, i responsabili della selezione affiancano, a un attento esame del curriculum, anche una verifica di ciò che trapela dai profili virtuali e sui nuovi canali per trovare lavoro. Oggi, infatti, far carriera e trovare nuove opportunità di lavoro significa anche essere online e curare nei minimi dettagli tutti i profili social. Non dobbiamo però limitarci solo a LinkedIn, il social per eccellenza per il business. Sono molto importanti anche Facebook e Twitter.
E’ fondamentale, quindi, che non ci siano informazioni in contrasto con quanto riportato nel curriculum, ma soprattutto che non ci siano situazioni spiacevoli: una foto che inciti all’odio o alla discriminazione, ad esempio ma anche frasi o citazioni aggressive…

Voglio darvi tre semplici consigli per una corretta gestione e promozione della nostra immagine professionale online:

  • Attenzione alle foto pubblicate, in particolare quelle private che ci ritraggono in momenti di relax. In questo caso bisogna evitare di lasciare il proprio profilo social completamente aperto anche a chi non fa parte della nostra lista di amici e per il mondo lavorativo pubblicare foto professionali
  • Avere contenuti coerenti: se all’interno del nostro curriculum indichiamo una serie di informazioni, come banalmente possono essere passioni o hobby, è bene che in rete – e quindi su facebook, su twitter – compaiano le stesse informazioni
  • Per ultimo è importante connettersi con altri professionisti, ma non bisogna diventare degli stalker. Cerchiamo di mandare richieste mirate, ma non ossessive!
Come gestire al meglio i profili:

Linkedln:

  • Evidenziare le esperienze più importanti e, se possibile, raccogliere referenze per il proprio lavoro che possano sottolineare i risultati raggiunti e le competenze.
  • Aggiornare il proprio profilo costantemente e creare contenuti interessanti. Non meno importante, partecipare a discussioni all’interno dei gruppi.
  • Connettersi con altri professionisti: aiuta a mostrare la propria esperienza e le proprie passioni.

Facebook: 

 
  • Attenzione alle foto pubblicate
  • Aggiungere contatti lavorativi, solo se si vuole usare Facebook come un network professionale. In questo caso, ovviamente, occorre prestare la massima attenzione ai contenuti che vengono pubblicati.
  • Attenzione alla privacy: meglio evitare di lasciare il profilo completamente aperto anche a chi non fa parte della nostra lista di amici.
  • Contenuti: meglio privilegiare la qualità, piuttosto che la quantità.
  • Seguire aziende e partecipare a gruppi che riguardano il proprio ambito professionale. Questo può essere un modo per raccogliere informazioni (e non presentarsi impreparati a un eventuale colloquio) e farsi notare dagli head hunters.

Sai rispondere alla domanda “come affronti le situazioni stressanti”?

Sostenere un colloquio non è affatto facile, è una situazione stressante e complicata. Ed è per questo che è fondamentale arrivare preparati, anche sulle domande apparentemente più innocue e di poco conto.

Qualsiasi colloquio di lavoro prevede una serie di domande standard, magari declinate in modi differenti, che però non devono essere assolutamente sottovalutate. Rappresentano, in altre parole, l’occasione per dare risposte diverse, che possano farci emergere e distinguere dagli altri candidati. Una delle classiche domande di questo tipo è legata alla capacità di gestione di situazioni stressanti: rispondere, ad esempio, che non ci facciamo mai sopraffare dallo stress può non essere la soluzione migliore.

Ecco tre risposte corrette – ma che potrebbero essere interpretate in maniera negativa – e tre consigli per rispondere al meglio alla domanda “Come affronti le situazioni stressanti?”.

Non mi abbatto e lavoro duramente. Una risposta di questo genere, se mal interpretata, potrebbe non dipingere il candidato come un lavoratore modello, anzi. Per prima cosa mette in luce un aspetto che in fase di valutazione può essere considerato negativo: la scarsa attitudine a lavorare in team e a condividere problemi o preoccupazioni con i propri colleghi e il proprio capo e che, ovviamente, può portare a commettere errori.

È molto meglio, invece, sottolineare quanto siamo in grado di rimanere motivati anche durante le situazioni stressanti e/o difficili, senza perdere di vista gli obiettivi ed, eventualmente, coinvolgere i colleghi o il proprio capo.

Non vado mai sotto pressione. Questa risposta può non significare, a differenza di quanto si possa pensare, che si ha il pieno controllo delle situazioni. Un selezionatore di fronte a questa risposta sente un campanello d’allarme: il candidato ha poca consapevolezza di sé e dei suoi limiti. E nessuno vorrebbe assumere una persona che non sia in grado di capire fino a che punto è in grado di arrivare o, peggio, che non riesca a rendersi conto di situazioni problematiche.

Molto più saggio rispondere che, prima di prendere qualsiasi decisione o iniziare qualunque attività, ci si assicuri di aver riacquistato la calma e la serenità mentale.

Tendo a delegare. Un buon manager deve saper delegare. Ma può capitare che il selezionatore pensi di non avere di fronte il candidato ideale. Nessuno vorrebbe lavorare per un manager che non è in grado di affrontare i problemi e non sa gestire il proprio carico di lavoro e che, ancora peggio, deleghi i compiti che spettano a lui ai propri sottoposti”.

Affermare, al contrario, che la capacità di gestire lo stress di un manager si rifletta – inevitabilmente – su tutto il team mette sotto una luce diversa il candidato. Anche comunicare apertamente che si sta vivendo una situazione stressante e/o chiedere un aiuto per risolvere il problema non viene considerata una risposta negativa.

 

Non mentite durante il colloquio, i selezionatori lo scoprono all’istante!

Durante un qualsiasi colloquio di lavoro, al candidato vengono posti diversi tipi di domande. Alcune di esse sono legate al curriculum, altre alle esperienze lavorative o accademiche, altre ancora alle aspettative di crescita professionale o economica, alla conoscenza delle lingue straniere e agli interessi personali.

È fondamentale essere il più trasparenti e sinceri possibile, anche perché per i selezionatori è abbastanza semplice scoprire, attraverso alcune domande di verifica, bugie o incongruenze.

E’ possibile che un candidato menta durante il colloquio, ma è una prassi assolutamente sconsigliata, soprattutto quando si affrontano le selezioni con gli intermediari. Quando ci si accorge che il candidato non è sincero, la valutazione peggiora drasticamente: se al candidato mancano alcune competenze, forse, è possibile chiudere un occhio, ma chi vorrebbe una persona disonesta nella sua azienda? Nessuno!

Ma quali sono le bugie più frequenti?

  1. Perché hai lasciato il precedente lavoro? È una delle domande più frequenti nei colloqui di selezione. Se è finito il contratto o si è stati licenziati, dire che si è scelto di lasciare la propria azienda non è la soluzione migliore. Dobbiamo ricordare che essere licenziati o non confermati/trasformati non ci rende necessariamente pessimi candidati. Un buon selezionatore, tra l’altro, sarà in grado di dare consigli su come comunicare questa informazione e dare comunque una buona immagine di sé e del proprio percorso professionale, indipendentemente da come è terminato il rapporto precedente.
  1. Ti interessa il ruolo di…? Può capitare che ad un candidato venga proposto un ruolo che, seppur in linea con le sue esperienze, non combaci perfettamente con le sue aspirazioni o con quanto vorrebbe fare. Ammettere che la posizione offerta non è quella dei propri sogni, spiegare il motivo e raccontare con chiarezza quali sono le proprie aspirazioni non è affatto una mancanza di rispetto, anzi. Meglio dirlo subito che in una fase avanzata.
  1. Quanto conosci il linguaggio o il programma…quanto conosci la lingua inglese? Mentire sulle proprie capacità ed esperienze non è mai saggio. Capita spesso che al candidato venga chiesto di fare una prova pratica e a quel punto si viene smascherati nel giro di 30 secondi. Meglio, quindi, non perdere tempo cercando di convincere il selezionatore che si sa usare in modo professionale un determinato software o si conosce perfettamente l’inglese. Così facendo, si prolungherà solo il periodo di ricerca del lavoro giusto: è inutile cercare di trasformare se stessi nel candidato ideale, molto più importante trovare il lavoro ideale per se stessi!
  1. Quanto guadagnavi e quali benefit avevi? Non c’è nulla di sbagliato nel voler cambiare lavoro anche per poter aumentare la propria retribuzione o per avere maggiori benefit. È invece sbagliato – e anche controproducente – mentire su stipendio o altri benefit perché, in molti casi, al candidato potrebbe essere chiesta una prova che le informazioni fornite siano veritiere: ad esempio, l’ultima busta paga, Il Cud dell’anno precedente o la lettera di assunzione e, anche in questi casi, la verità emergerà all’istante.

 

Motivazione sul lavoro? Meglio parlare di coinvolgimento

Sono sempre di più i manager che mi contattano per essere aiutati a capire quanto siano motivati i loro dipendenti

Io – in realtà – preferisco parlare di coinvolgimento e non di motivazione. Ma non si tratta di una semplice questione linguistica: è molto importante, infatti, sapere quale è il grado di coinvolgimento nelle varie attività quotidiane in ufficio. 

Tolti i casi estremi, ciascuno di noi avrà un grado di coinvolgimento differente nellvarie fasi della giornata lavorativa: è normale che ci siano momenti in cui siamo più coinvolti e altri in cui lo siamo molto meno. E molto del nostro grado di coinvolgimento dipenderà dall’obiettivo che vogliamo raggiungere mettendo in atto un determinato comportamento.

Bisogni e obiettivi. Nel parlare di obiettivi non possiamo non fare un passaggio obbligato sui bisogni che dobbiamo soddisfare. Senza scomodare Maslow e i suoi derivati, possiamo semplificare dicendo che abbiamo i bisogni del corpo, delle relazione e quelli della mente. Ed è proprio la mente che sta al centro di tutto. 

Facciamo un esempio concreto: ai miei studenti, durante una lezione, ho chiesto in quale attività sportiva si sentissero più coinvolti. Due dei miei talenti mi hanno risposto “quando gioco a calcio”. Visto lo scarso coinvolgimento del resto dei presenti, entrambi hanno manifestato una certa insofferenza. 

A questo punto alzato leggermente il tiro chiedendo, invece, quale fosse l’obiettivo per cui giocavano a calcio. Il primo mi ha risposto per divertirmi e per stare con gli altri, il secondo per la forma fisica. 

Due obiettivi ben diversi che si concretizzano in comportamenti diversi: se giochiamo a calcio per mantenerci in forma, prediligeremo l’attività aerobica e correremo su e giù per il campo per massimizzare l’esercizio. Nel secondo caso, invece, non ci concentreremo sul massimo sforzo possibile, ma cercheremo di divertirci il più possibile con gli altri. Due comportamenti diversi, dicevamo. Nessuno dei quali, però, può avere un basso grado di coinvolgimento. 

A cosa mi è servito questo esercizio? Semplice: ho dimostrato che lo stesso grado di coinvolgimento può portare ad obiettivi molto diversi tra loro. 

Da un punto di vista aziendale il grado di coinvolgimento delle persone andrebbe sondato molto ben, soprattutto quando abbiamo dei dubbi. Perché il rischio è di valutare gli altri con il nostro metodo di giudizio che non è detto sia quello del nostro interlocutore.

se avete tempo guardate questo video Motivazione